Bussana Vecchia – hippie hippie urrà!

Bussana Vecchia – hippie hippie urrà!

Ho già raccontato di me a Bussana Vecchia, di quella strana atmosfera che tra le macerie si respirava e di quel senso di pace, o meglio, di comprensione dell’essenza della vita (e non mi ero fumata nulla, giuro!). Oggi vi parlerò dell’incontro con un paio di abitanti del luogo, che vivono qui dalla fine degli anni sessanta, facendo di quel che c’era virtù, ovvero inventandosi un Giardino tra i Ruderi!


Mentre zonzorellavo per le strade di questo stranissimo paese diroccato, ma al contempo ordinatissimo, mi capita di imbattermi in un cartello interessante: venite a visitare il Giardino tra i Ruderi.
Un giardino tra i ruderi mi pare una trovata fantastica, quindi che faccio?!? Ma accetto subito l’invito e varco i confini di quest’oasi alternativa.

Non immaginatevi i Giardini Hanbury, qui l’atmosfera è più… alternativa, ma il segreto sta nel lasciarsi trasportare. Solo così saprete apprezzare l’accoglienza festante di piante e fiori, disposti in quel loro strano disordine ordinato, solo così troverete bellissime le teiere che si credono vasi e le cianfrusaglie colorate che si credono oggetti d’arredo. Niente è come dovrebbe essere, ma è l’unicità a rendere tutto più affascinante.

 E’ domenica, verso l’ora di pranzo, e mentre insisto su e giù per le antiche scale (che qui certamente non mancano) sento un rumore di piatti, e di gente che ride.
Azzardo un “C’è nessuno?”, d’improvviso mi sembra di aver violato la casa d’altri.
Si affaccia solo un cagnino, che avevo già visto poco prima, mi fissa sospettoso, come a volermi confermare che sì, questa è casa sua. Però non si avvicina.
“Ooooh, ooooh, scusateeeeee…”. Ed ecco che arriva un signore che poi scoprirò chiamarsi Enrico, con la bocca ancora piena.
“Buongiorno”
“Salve, scusi il disturbo…”
“Si figuri, due euro e cinquanta”
“Ah, ecco…”
“Sa” pare giustificarsi Enrico, che deve aver notato la mia espressione un po’ stupita “… la ristrutturazione è costata cara”
E così mi racconta che lui arriva da Sanremo (Sanremo?!?! Pensavo fossero tutti Inglesi un po’ hippie gli abitanti del luogo) e vive qui da ventisei anni. “All’inizio è stata dura…,  i passaggi non erano così come li vede oggi, mancavano strade e ponti… “.
Con un po’ di orgoglio mi spiega che la difficoltà maggiore è stata quella di mantenere tutto come era stato un tempo, il che significava usare solo la pietra.
Dando un’occhiata in giro devo constatare che in effetti hanno fatto un gran bel lavoro.
“Tornoooo… vado dentro, ho ospiti, mi scusi”


Un’altra volta sola nel giardino mi perdo nei miei pensieri. Come si può anche solo immaginare di trasferirsi qui?! Tra queste pietre grigie senza forma, in un paese che per certi versi è ancora oggi un paese fantasma, e figuriamoci quindi trent’anni fa.
“Salve!”
Mi volto di scatto, non avevo sentito arrivare la signora che ora è dietro di me.
“Salve, ho pagato…”
“Sì, sì, non è per questo. Ti piace il nostro giardino?!”
“Bellissimo!”
“La vedi quella?! Ha mille anni!” dice indicando la strada da cui sono salita.
Poi mi invita a seguirla.
“Dal novantasei ho contato 500 mila visitatori sai!. Guarda, quello è il giardino dei profumi”.

Quindi inizia ad elencarmi un infinito numero di dettagli sul verde che ci circonda,  quando finalmente si zittisce per un secondo, riesco a  presentarmi. Lei si chiama Luisa,  ed è la persona che con Enrico ha risistemato questo fantastico giardino.
“Piacere, io sono paola”  Intanto la guardo meglio, certamente è un po’ strana, ma non mi pare né inglese né hippy. Le espongo le mie conclusioni.
“Hippy? No, no” e ride “…arrivo da Bussana, qua sotto, e alle comodità non ho mai rinunciato. Vita tra i ruderi sì, ma l’acqua in casa ce l’ho sempre avuta!”
Da Bussana?!!? Vabbé, ma allora la storia degli artisti provenienti da tutta Europa che vivevano senza acqua, né luce, è solo una enorme bufala inventata per i turisti, penso quasi ad alta voce.
“Non sono mica come gli Inglesi io, loro davvero stavano qui come se fossimo ancora nel milleottocento. E pensare che avevano case favolose in Inghilterra, qualcuno sono andata a trovarlo sai. E tu di dove sei?”
“Diano Marina” rispondo con aria da intrepida viaggiatrice, lei dopotutto è di Bussana!
“Bella Diano, anche lì c’è stato il terremoto”
“Eggià“


Rinfrancata dal nostro comune passato di terremotate, poco importa che  fosse avvenuto più di cento anni prima, inizia un’altra volta il racconto senza sosta.
Mi parla della sua fuga da casa e di come si sia trattato di una scelta di vita, ma senza troppi sacrifici, “…non sono tipa da privazioni io!”.
Dei decenni trascorsi tra queste pietre, delle amicizie, del gruppo che si è via via formato.
Ma anche delle “lotte” con la burocrazia, degli accatastamenti di case che per la legge sono di nessuno, ma su cui loro hanno investito, ricostruendole da zero e che ora affittano.
“Affittate?”
“Sì. La vuoi? E’ quella, la vedi? Manca ancora qualcosa, ma per l’inverno sarà pronta. Pensaci su”
Tra queste pietre grezze e indomabili, in una casa piena di spifferi, con il riscaldamento a legna, compagna di viaggio di gente che non sarà hippie, ma certamente è più alternativa di me?! Io, che sono schizzinosa, noiosa, abitudinaria e pure un po’ azzitellata…
Ma l’atmosfera è contagiosa.
“Sai che mi piacerebbe!”
Così ci siamo scambiate i numeri di telefono, o meglio, io ho il suo, perché lei ha ammesso che il mio l’avrebbe perso subito, quindi tanto valeva non averlo.
Ho promesso di tornare a trovarla con delle fotografie antiche di cui fa collezione.
Non ci sono più andata.
Ma a volte penso a come sarebbe vivere lì, e mi immagino dietro a quella grande finestra con i vetri spaiati, seduta sul mio tappeto verde, una luce leggera colora di giallo le pagine che sto leggendo. Fuori il vento soffia parole d’inverno tra le case senza tetto, mentre dentro la stufa mi riscalda, Brasco è vicino a me.
Qualcosa di buono sta cuocendo nel forno, e io so, come mai prima d’ora, di non possedere nulla, ma mi è improvvisamente chiaro, come mai prima d’ora, che quel che ho qui adesso, è tutto ciò serve, è tutto ciò che conta.

Hippie hippie urrà – Bussana Vecchia (IM)
Bussana Vecchia (IM) – Liguria

Testi e fotografie: paola faravelli 

 

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8 Comments

  1. Magia…
    La prima parola che mi viene in mente dopo aver camminato con te all’interno di questo giardino, grazie al tuo delicatissimo racconto…
    A Bussana ci sono stato almeno un paio di volte quando facevo il soldato (nei secoli dei secoli…) e poi più tardi con mia moglie.
    Di questi paesini “dimenticati” ho scoperto, ne esistono diversi dislocati più o meno in tutta Italia (dalle parti del paesello giù nel Lazio ad esempio c’è Calcata), tutti a loro modo unici e immortali.
    Non sapevo le case fossero considerate “di nessuno”… quindi sarebbe come dire che domani vado su, dico “questa è casa mia!” e ci posso abitare?
    Interessante…
    Una scelta di vita non facile (immagino i primi tempi), ma come sottolinei giustamente in chiusura, penso altamente rimunerante.

  2. Grange-Bussana andata e ritorno
    Un’anticipazione che aumenta la voglia di scoprire, di incontrare e conoscere…grazie Paola 😉

    • Ciao Stefania, vedrai che ti piacerà, non ho alcun dubbio!

  3. Adoro il tuo modo di raccontarti e di raccontare… Le immagini sempre ‘vere’ e cariche di significato… Bravissima! 🙂

    • Grazie, non lo so se son bravissima, per son stra felice che ti piacciano i miei racconti!

  4. Ma che meraviglia! Come vorrei imbattermi in un luogo così meraviglioso! E che vita meravigliosa che fanno quei signori!! Devo assolutamente andare a vederlo con i miei occhi. Grazie per aver condiviso questa bella scoperta 🙂

    • Io abito in zona e non ci ero mai stata (vergogna!!!). Ti assicuro che ne vale la pena, anche se non ci sono più gli Hippie di un tempo.

  5. ciao! sembra un posto incredibile! io sto organizzando un viaggio tra comunità organizzate su forme di vita associativa alternative e particolari e questo sembra un ottimo punto di partenza! tu per caso hai contatti di qualcuno che vive li?

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